II veri maestri usano se stessi come fossero ponti che invitano i propri discepoli ad attraversare. Dopo aver aiutato il loro passaggio, crollano felici, incoraggiandoli a creare i loro propri ponti.
Nikos Kazantzakis, nato il 18 febbraio 1883 a Creta, con Sole in Acquario e Luna in Ariete, è considerato lo scrittore e filosofo greco più rilevante del XX secolo. Anima ribelle e luminosamente tormentata, alla continua ricerca di conoscenza e verità, Kazantzakis esplora in particolare la relazione controversa tra Dio e l’uomo. La sua opera principale è il poema Odissea in 33333 versi, mentre quella più popolare è Zorba il Greco (1946), anche grazie al successo dell’omonimo film di Michael Cacoyannis. Quest’ultima opera esemplifica il rapporto tra mente e corpo mediante l’intellettualità del narratore e Zorba, un uomo privo di educazione, che beve, lavora, ama e vive come una forza della natura. Zorba è la celebrazione della vita istintiva, fondata sull’esperienza diretta, ma tuttavia colma di dignità e integrità. Egli incorpora lo spirito orgiastico di Dioniso, l’archetipo dell’estasi, della sensualità e dell’esuberanza. Quando ero un sannyasin di Osho ho sentito spesso Osho parlare di Zorba come il modello dell’uomo nuovo e la sua spiritualità non ortodossa in contrasto con la religione ordinaria. Per Osho l’uomo nuovo è Zorba il Buddha, una combinazione tra Zorba il Greco e Gautama il Buddha. “Egli sarà Cristo ed Epicuro insieme. La religione ha fallito perché si è distaccata troppo dal mondo. Ha trascurato questo mondo. E non si può trascurare questo mondo; trascurare questo mondo significa trascurare le proprie radici.” (Osho).
Così parla Zorba il greco di Dio: “Penso che Dio sia esattamente come me. Solo più grande, più forte, più pazzo. E immortale per giunta. Sta seduto su una pila di soffici pelli di pecora, e la sua capanna è il cielo. […] Nella mano destra non tiene un coltello o una bilancia – quei dannati strumenti sono destinati ai macellai e ai droghieri – no, tiene una grande spugna piena d’acqua, come una nube densa di pioggia. […] Ed ecco che arriva un’anima; la povera creatura è completamente nuda perché ha perso il suo mantello – il suo corpo intendo – ed è tutta tremante. […] L’anima nuda si getta ai piedi di Dio. ‘Pietà!’ implora. ‘Ho peccato.’ E comincia a recitare i suoi peccati. Recita una lunga tiritera che non finisce più. Dio pensa che è troppo per essere vero. Sbadiglia ‘Per amor del Cielo, basta!’ grida. Ho sentito abbastanza!’ Flap! Slap! Un colpo di spugna e lava via tutti i peccati. ‘Vai via, vattene, corri in Paradiso!’ dice all’anima. […] Perché Dio, sai, è un gran signore, e questo è ciò che significa essere un signore: perdonare!”
Un’altra opera di rilievo è L’ultima tentazione di Cristo, anch’essa trasformata in un film, da Martin Scorsese. Qui Giuda, compare come il più intimo amico di Gesù, compiendo il destino di Cristo di morire sulla croce e diventando il catalizzatore dell’evento che secondo la cristianità ha portato la salvezza a tutto il genere umano.
Citazioni:
Quando non riesco a trovare parole per esprimere ciò che intendo dire, mi alzo e danzo.
Finalmente capivo che anche quella di cibarsi è una funzione spirituale e che carne, pane, vino, sono le materie gregge di cui è composta la mente.
Dentro di me sentivo che il vertice più alto cui l’uomo possa raggiungere, non è nè il Sapere, nè la Virtù, nè la Bontà, nè la Vittoria; ma una cosa più grande, più eroica e più desolante: il Timor Sacro!
La felicità consiste nel conoscere il proprio dovere: più arduo è tale dovere, più grande la felicità così ottenuta.
Le fattezze erano cancellate, la bellezza, la bruttezza, la gioventù e la vecchiaia, diventavano fattori senza importanza, variziazioni trascurabili di un tema immortale. Dietro ogni donna sorgeva l’austero, sacro e impenetrabile volto di Afrodite. Era quello il volto che Zorba vedeva, a cui parlava con ardente desiderio. .
Ogni giorno è come se Zorba vedesse le cose per la prima volta..
Noi siamo minuscoli bachi che strisciano su una piccola foglia tra i rami di un albero gigantesco. Questa fogliolina è la terra: le altre foglioline sono gli astri che vediamo nel firmamento durante la notte. Noi ci muoviamo sulla nostra fogliolina lentamente, con cautela guardandoci attorno. Alcuni uomini, i più arditi, raggiungono il limitare della foglia. Di là, spingono lo sguardo nel caos. Tremando, si chiedono quale spaventoso abisso si stenda davanti. In distanza, sentono il rumore delle altre foglie del colossale albero. Sentono la linfa che per il tronco sale verso la loro foglia. Con il cuore gonfio, curvi sopra il baratro, tremano di paura nel corpo e nell’anima. Da quel momento comincia il pericolo. Alcuni soffrono di vertigine e delirano; altri, pieni di paura, cercano di trovare una risposta per tranquillizzare il proprio cuore e dicono: “Dio!”. Altri ancora, dal margine della foglia, guardano con coraggiosa calma il precipizio e dicono: “Mi piace.”