Certo, lo sanno tutti, è il fatto più ovvio della vita umana: a un certo punto si muore. Così, com’è risaputo che questa morte non è programmabile. La media planetaria della durata della vita (70,8 anni per i maschi e 75,9 anni per le femmine) è solo un dato statistico. La realtà è che non esiste una scadenza fissa della vita, per cui potenzialmente possiamo morire in qualunque istante, così come anche essere vittime di gravi incidenti o ammalarci in modo irreparabile. Ogni essere umano è a conoscenza di quanto sopra e in genere fa del suo meglio per ritardare la morte e per evitare malattie e incidenti, assicurandosi inoltre di vivere nelle condizioni migliori possibili finché dura la vita. In questi termini si misura solitamente il potere. Esiste tuttavia una minoranza d’individui che è più interessata a comprendere il senso di questa esistenza precaria piuttosto che a garantire a tutti i costi la propria sopravvivenza e il relativo potere. Questa porzione d’individui s’interroga incessantemente sul significato e l’utilità della vita umana, così come su quanto accadrà dopo la morte. Esiste inoltre un’ulteriore minoranza che, pur essendo presente fisicamente, auspica a vivere, o già vive, simultaneamente in dimensioni e realtà alternative, dove la morte, la malattia, così come i limiti della realtà materiale, non sussistono affatto o hanno un’incidenza assai poco rilevante.
Finché siamo nella realtà materiale non abbiamo il potere d’impedire la morte fisica e i tanti limiti di questo mondo. Abbiamo tuttavia il potere di scegliere a quale realtà rivolgere maggiormente la nostra attenzione. Tra le tante forme conosciute di potere (economico, ideologico, esecutivo, legislativo, giudiziario, scientifico, religioso, ecc.), il potere di scegliere a quale realtà prestare maggiormente attenzione non è da poco.