La mia città natale è Bologna, ma sebbene io sia nato in questa città da madre bolognese, e ci abbia vissuto per più di 30 anni, sin dall’infanzia non mi sono mai sentito bolognese. Ciò principalmente in ragione del mio cognome tipicamente meridionale, ossia Santoro. Mio padre era infatti siciliano, per cui non appena veniva esternato quel cognome diventavo immediatamente un meridionale, un siciliano o, più precisamente un “marocchino”, termine assai in voga in quei tempi per definire i meridionali. A quel punto, ogni tentativo di togliermi di dosso quell’appellativo, con argomentazioni che ritenevo più che legittime (“sono nato a Bologna”, “mia madre è bolognese”, “il mio accento è bolognese”, “mio padre, seppure, nato in Sicilia, da genitori siciliani, aveva un nonno romagnolo, e inoltre ha gli occhi azzurri e la carnagione chiara “) diventava patetica. Il mio inquadramento razziale meridionale, un marchio d’infamia a quei tempi nel nord Italia, era irremovibile. Il paradosso è che quando, una volta all’anno, per poche settimane, con i miei genitori, mi recavo in Sicilia per visitare i parenti di mio padre, tutti mi davano del “bolognese”. Mai si sarebbero sognati di riconoscermi come membro della loro etnia, delle cui usanze, tra l’altro, capivo ben poco. Questa situazione mi causò abbondante frustrazione riguardo al mio senso di appartenenza. Fu così che, usufruendo della mia assai ricca fantasia, ebbi la visione di un mondo alternativo, chiamato Handor, in cui, oltre a essere riconosciuto come cittadino a tutti gli effetti, ero anche amato e apprezzato a dismisura. In questo mondo mi sono recato regolarmente non solo nei miei giochi d’infanzia, ma anche successivamente nella vita adulta e in molte pratiche sciamaniche, tanto da essere alla base del lavoro astrosciamanico che ho svolto per più di quaranta anni. Sin dall’infanzia, inoltre, mi piaceva assumere altri nomi, così come dare alle persone e ai luoghi che conoscevo nomi diversi, in lingue straniere o inventate, Questo perché, oltre a non sentirmi bolognese, nemmeno mi sentivo italiano. Ero insofferente alla cultura italiana, così come mi veniva insegnata a scuola, e soprattutto alla lingua italiana, di cui detestavo il monopolio assoluto. In particolare, mi infastidiva, anzi odiavo, e aborrisco tutt’ora, il doppiaggio dei film e l’impossibilità di ascoltare l’audio originale. Esperivo l’Italia come una realtà chiusa, razzista e separata, per cui tutto ciò che riguardava lingue e paesi esteri generava in me grandi fantasie di liberazione. Ho avuto nomi iniziatici in sanscrito, arabo, persiano e in varie lingue nordiche e celtiche, senza tuttavia mai eliminare, il mio nome e cognome, onde onorare la mia famiglia natale. Nel 1999 mi trasferii presso la comunità della Findhorn Foundation nel nord della Scozia, dove vissi e lavorai per circa 20 anni, e verso cui provo un puro e inalienabile senso di appartenenza. Nel 2010, presi la cittadinanza britannica, di cui seguito a essere assai orgoglioso. Da più di un decennio vivevo stabilmente in Scozia, con cui, contrariamente all’Italia, provavo tanta risonanza, insieme alla sensazione di essere a casa. Ero diventato italiano automaticamente, solo per essere nato in Italia, senza una mia scelta cosciente, laddove prendere la cittadinanza britannica fu una mia scelta, nessuno mi forzò a farlo e nemmeno, allora, c’erano dei motivi di convenienza nel farlo. Fu un gesto motivato dall’amore per quella terra e da una mia volontà di emancipazione dal monopolio assoluto di sudditanza alla Repubblica Italiana. Tuttavia, non ho rinunciato alla mia cittadinanza italiana e non nego in alcun modo le mie origini. Quindi sono italiano, britannico, findhorniano e, soprattutto, handoriano.