Questo scritto è una sintesi annotata della versione del Pahai Loka (Gioco del Sacro Cono) tratta dall’opera Concisa epitome del compendio dell’Epica del Sacro Cono. Esso riporta la descrizione di uno dei principali miti a cui si riferisce strategicamente il lavoro astrosciamanico.
Le nostre più vetuste rimembranze principiano con uno stato di estasi e concordia, la cui beata consistenza non è dato esporre tramite le favelle di umana derivazione, la cui natura si fonda sull’impostura.
Malgrado tutto, un idioma abbiamo qui a intentare d’adoprare onde poter figurare la consistenza di quel che oltre ogni terrena figurazione dimora.
E allora, ne consegue che ci poniamo all’opera.
Pienamente consapevoli della vana natura di tale impresa, procediamo indi a rievocare quegli eventi che convogliarono sulla percezione di codesta collocazione spazio-temporale così come, all’ordinario e uman prospetto visivo, essa si evidenzia.
Nelle ineffabili geografie della Sfera di Luce, in quegli spazi estatici che nessun lemma perverrà mai a dirimere, palpita un sistema stellato il cui nome, in ragione del Suo innominabile fondatore, è
HANDOR
Tale sito possiede una propria peculiarità: il soffio vitale dei suoi abitatori si fonda sull’estrinsecazione canora e faceta.
Le loro norme di trasmissione si esternano mediante ondeggiamenti, carmi, girandole, mimiche e altre festanti dimostrazioni che proprio non è attuabile traslatare negli idiomi di umano intendimento.
Un altro aspetto insigne e cospicuo in tale sistema stellato propriamente e in verità sussiste.
Esso designa l’Ultima Frontiera.
Cosa significa l’Ultima Frontiera?
Ebbene, si tratta di una storia molto estesa e, benché l’impresa sia pretenziosa, con copiosa titubanza azzarderemo ugualmente a dispiegarla.
Su Handor, in un’epoca assai remota, accadde un evento senza eguali.
La Sfera di Luce conseguì il Picco di Luce.
Fu necessaria una cadenza di tempo indicibile per approdare a questo ceto.
Nel procedere di nutrite successioni di ere, la coscienza collettiva di Handor aveva barattato energia con il Centro della Sfera di Luce, addivenendo infine anch’essa parte integrante di codesto Centro.
Tale occorrenza fu un conseguimento di colossale portata per la Sfera di Luce, nella sua interezza s’intende.
Una gaiezza incommensurabile propalò nel sistema di Handor e da quell’evento, sito in un tempo che in vero non è mai stato, susseguirono esaltazioni e cerimonie incessanti.
Codesta congiuntura cagionò una lucentezza e una coscienza estatica di tale immensità che… perdiana! Ci difettano proprio le parole per descriverla.
Cimentatevi solo a fantasticare il sommo stato di contentezza che le menti umane più edotte possano concepire.
Ebbene, il Picco di Luce è alcunché di tanto più mastodontico che sulla Terra non sussistono proprio le condizioni aritmetiche per misurarlo in proporzione. Tale era l’esistenza su Handor.
Dopo un certo procedere, congiuntamente a quest’indicibile stato di beatitudine, gli Handoriani si resero conto che la loro lucente condizione era destinata a confrontarli con una disfida inverosimile e impensata.
Il Picco di Luce principiava a calcare per estendere le sue dimensioni.
Handor non poteva più contenere tutta la sua lucentezza e il Picco necessitava di un’altra direzione ove peregrinare.
Ma, se Handor era l’Ultima Frontiera, dove poteva mai peregrinare il Picco?
La replica umanamente più ovvia era di provare a ire oltre la Frontiera. Tuttavia, per la stirpe di Handor, la cosa non figurava per nulla lampante.
Nessuno aveva mai concepito sopravanzare la Frontiera. Del resto, era proprio questa la cagione per cui si denominava l’Ultima Frontiera. Oltre quella zona non c’era niente, ed era impensabile l’idea di ambulare a farci qualcosa.
Nonostante ciò, in qualche sito su Handor, qualcuno elucubrò questo stravagante intendimento.
Similmente a una burla, sommessamente prese foggia e nell’occulto principiò a circolare come un vellicante quesito Handoriano.
O benedetto fratello,
come un intendimento sì folle e insensato
congetturare hai potuto?
Com’è possibile in una contrada che non sussiste traslocarsi?
Laddove sempre nelle tenebre si permane?
Proprio qual è il senso e perché ci domandiamo!
Com’è possibile nel buio celiare?
A che pro?
Nel Picco noi siamo e qui con lietezza permaniamo!
Così intonava ingente il più degli Handoriani.
Da un lato queste valutazioni parevano piuttosto disinvolte, dall’altro esistevano di fatto delle cagioni che portavano a patrocinare un distinto argomento.
O benamati fratelli, questa è la disfida di un nuovo gioco!
Salmodiava un gruppo di Handoriani.
Nelle ballate degli antenati le narrazioni di un’epoca
assai tarda si cantavano
In quei tempi Handor la luce al buio avvicendava
e i suoi cieli sovente di grigio si tingevano.
Fu allora che un Picco remoto
a noi giunse, per luce in cambio di buio elargire.
Ora che noi stessi un Picco di Luce siamo,
da qualche parte a trovare un sito
ove barattare luce per buio abbiamo.
Qui di luce assai ne teniamo,
mentre laggiù,
oltre l’Ultima Frontiera,
solo buio ci sta.
Allora, benamati affini,
qui presto una mossa a darci abbiamo.
Il dilemma, se avanzare o meno oltre l’Ultima Frontiera, iniziò a risuonare nei canti di Handor e, come pronosticabile era, si trasfigurò senza indugio in un gioco.
A questo fine furono forgiate confacenti arene ove, grazie a un peculiare dispositivo detto Sacro Cono, era adempibile, a seconda dei casi, spandere la luce o salvaguardare e divulgare il buio.
Allorché il buio desisteva, tutti potevano rifulgere e gongolare per quanto era avvenuto nelle tenebre.
La cosa fu a tal punto dilettevole e vellicante che, in breve tempo, questo gioco addivenne uno tra i più in voga di tutto il sistema stellato di Handor.
Fu denominato il Gioco del Sacro Cono, o Pahai Loka, e assunse note distintive sempre più articolate e stimolanti.
Uno degli aspetti più inusitati che maturarono consisteva nella simulazione di una sfida tra tre squadre o cerchi.
Un cerchio aveva la mansione di serbare il buio nel Sacro Cono e di riprodurlo al momento propizio, mentre l’altro maneggiava il Sacro Cono per effondere sgorghi di luce ed espellere o acciuffare il buio.
La funzione del terzo cerchio non è attendibile proprio esemplificare.
Quando il buio di una squadra immiseriva, i ruoli dei cerchi si ribaltavano e così si seguitava fino a esaurimento del buio fruibile.
Il cerchio che riusciva a reggere più a lungo la custodia e la riproduzione del buio, era quello vittorioso, e aveva in seguito l’onore di cantare, ondeggiare e offrire regalie all’altro cerchio, laddove la funzione del terzo cerchio nuovamente non è attendibile esemplificare.
Il Gioco del Sacro Cono era messo in atto con tornei ricorrenti, in cui si commisuravano cerchi rappresentativi di tutti i corpi celesti di Handor.
Col fluire del tempo ogni cerchio maturò specifiche facoltà di gioco. A questo proposito sussistevano tre propensioni principali.
La prima consisteva nel rischiarare il buio con la luce, mentre la seconda comportava l’ottenebramento della luce con il buio. La terza propensione non è plausibile esemplificare.
Il buio era una sostanza molto pregiata per Handor e per la Sfera di Luce in generale.
Per riprodurlo abbisognava usare le riserve dei colossali depositi a forma di cono siti in prossimità delle stazioni direzionali di confine del sistema stellato.
Prima della diffusione del Gioco, la maggioranza degli Handoriani nulla intendeva di tali depositi.
Nessuno, del resto, aveva mai nutrito alcun interessamento nei confronti del buio, a eccezione di un ristretto cerchio di estrosi giocatori. Questi lo adottavano di tanto in tanto come base per la composizione di insolite danze sperimentali.
L’apoteosi del Gioco determinò una subitanea e vertiginosa crescenza nell’istanza di buio, tanto che, col fluire del tempo, gli accantonamenti dei depositi principiarono a esaurirsi.
A un certo punto il buio raggiunse una quota di tale penuria che gli Handoriani si trovarono di fronte all’ineluttabilità di sospendere o, quanto meno, ridurre fortemente la pratica del Gioco.
Fu allora che il Picco di Luce in persona si esibì nell’arena di Hartem City, sita presso il più abbacinante tra i dodici grandi astri di Handor, e iniziò a intonare un canto traducibile pressappoco come segue:
O adorabili affini,
per esteso tempo il Gioco nelle vostre arene
magnificato è stato.
Ora qui il buio ormai terminato è.
I vostri coni sgombri sono
e se il Gioco seguitare intendete,
provvisioni di buio, oltre l’Ultima Frontiera,
a ire avrete.
Laggiù luce con buio barattare potrete.
Il Sacro Cono con voi arrecate e di buio empite.
Dopo questa canzone il Cerchio dei Campioni, composto dai dodici eletti atleti e cantori di ciascuno dei dodici grandi astri di Handor, provò un’ingente eccitazione.
Ora era! Ciò quanto da tempo aspettavamo costituisce.
Intonarono più volte in coro tra i plausi del pubblico presente.
Il Picco fu pago dell’attitudine del Cerchio dei Campioni, ma captò l’esigenza di impartire una pregiata avvertenza che esternò solfeggiando più o meno come segue:
O adorabili affini,
rettamente la presa di coscienza sorvegliate
che oltre l’Ultima Frontiera il Gioco dissimile
da quello che procede nelle arene è.
Di buio proprio tanto ne sussiste,
e lo smarrimento della luce assai eventuale diviene.
Nel buio gli accadimenti parecchio cupi sovente emanano.
Tanto che perfino di giocare, cantare e danzare
obliare potete.
E come se non bastare di una peculiare veste abbisognate,
sul cui funzionamento a lungo ponderare necessitate.
Tra tutte le canzoni e gli inni che in Handor si erano uditi, questa pareva proprio la più strampalata.
Cupi?
Cosa significa?
Com’è possibile di giocare,
cantare e danzare obliare?
La luce smarrire!?
Una veste!?
Verseggiarono i presenti in coro.
Ora è di rigore intendere che il vocabolo cupo non esisteva nell’interloquire degli Handoriani.
Quel vocabolo dimorava oltre le loro facoltà d’intendere, così com’era pure la concezione di una vita difforme dal gioco o espropriata di luce.
Allora il Picco intervenne nuovamente e questa volta disse:
Quando oltre la Frontiera andate
e verso la Sfera di Buio seguitate,
l’oscurità talmente profonda traspare
e l’impatto della veste così dissociato si rivela
che dopo poco il contatto con la Sfera di Luce smarrite.
Abbandonati vi sentite
e copiosi rancori verso Handor serbate
e indi, come forma di ritorsione,
una collocazione separata a forgiare principiate.
Poi la colpa si accoda e,
onde il tormento che ne deriva e la paura di un castigo sfuggire,
ulteriore separazione e vendetta generate.
Così proseguite,
fin tanto che il dolore e la noia al massimo giungono.
Una volta al Picco della Sfera di Buio approdati,
che innanzi proprio non si può andare scoprite.
Da quel momento il percorso di ritorno principiate,
luce elargendo e buio ricevendo,
e poi indivisi celermente su Handor rimpatriate.
Questa delucidazione risultò pienamente astrusa per gli Handoriani. Non solo era colma di vocaboli mai uditi, ma sopra ogni cosa, e questo era davvero oltremisura, quella volta il Picco non cantò né danzò.
Egli disse.
E questo non era mai accaduto prima.
La stirpe di Handor era assai sbigottita e non riusciva a concepire cosa il Picco avesse voluto intendere.
Allo stesso tempo si rendeva conto che c’era qualcosa di arcano di cui il Picco era a conoscenza e che a loro sfuggiva.
Ciò causò ingente eccitazione tra i Campioni che iniziarono a far circolare una ballata con un testo similare:
O venerabili affini, mai giocato in questa guisa abbiamo.
Proprio di un gioco assai difforme dagli altri trattasi.
Come funziona adocchiare vogliamo.
Onde il Sacro Cono empire,
il buio abbisogna.
Ovunque esso sia,
noi a prenderlo iremo,
e in cambio tanta luce riverseremo.
L’ora della peregrinazione
oltre l’Ultima Frontiera proprio non vediamo!
I Campioni accolsero di salpare alla ricerca del buio, così che a tale proposito instradarono un circostanziato ammaestramento nell’astro di Kallex, presso l’omonima Rocca.
Da allora i Campioni furono chiamati i Pionieri del Sacro Cono, o Pristini Sviluppatori.
Essi erano composti dai dodici più opportuni atleti rappresentativi di ciascun pianeta dei dodici astri del sistema stellato di Handor, per un totale complessivo di 144 Pionieri.
Questi i nomi dei loro dodici Condottieri:
Kirway, Trent, Tudor,
Kallex, Hartem, Framg,
Hanmar, Frian, Sanjul,
Haxar, Ukar, Vuolly.
Quando giunse finalmente il momento della loro dipartita, il Picco apparve presso la Rocca di Kallex e così parlò:
O audaci affini di Cerchio,
siete consapevoli che vostro arbitrio oltre l’Ultima Frontiera navigare è?
Che voi questa risoluzione ad architettare siete?
Allorché i Pionieri in coro replicarono:
Evidentemente! Chi altro essere potrebbe?
Indi il Picco seguitò:
In ultima istanza gli accordi di base vi reitero.
Qualsivoglia sopravvenga,
incessantemente la natura ludica dell’intera impresa
rammentate.
Come se non bastasse,
di, con tenacia unificati perdurare
rimembrate.
Nel Gioco, il Picco della Sfera di Buio
da parte del Cerchio intero è dato conseguire,
onde i Semi del Sacro Cono interrare,
la loro luce prodigare,
di buio empirli e in avanti indietro
unitamente a Handor ritornare.
Spetta a voi, onde il Gioco risolvere
adoperare.
A tale riguardo parecchio da come vi condurrete,
una volta a metà strada
tra Handor e il Picco di Buio attraccati,
deriva.
I Pionieri dipartirono con dodici flotte, che oculatamente principiarono a digradare con cadenza a spirale oltre l’Ultima Frontiera.
Si trovarono subito di fronte a un’area insolitamente vacua e priva di vita. L’impatto con questa dimensione instillò canti e danze mai orecchiate fino ad allora.
Dopo aver deambulato lungamente, a un dato punto i Pionieri smarrirono l’orientamento e l’attinenza con Handor.
Questa condizione era presentita nelle prassi vigenti del Gioco. Ciò malgrado, concorse a cagionare molta animazione e sbigottimento.
I Pionieri stimarono di trovarsi nel sito di mezza via tra Handor e il Picco di Buio, e asserirono distinte canzoni onde soppesare il da farsi. Infine, disposero di fermarsi per fondare un’imponente base da impiegare come area di rimando provvisorio.
Durante la lunga posa necessaria per le prestazioni di erezione, i Pionieri ebbero modo di cingere le vesti e di affiatarsi con la loro operatività. Per la prima volta furono eseguiti canti e danze veicolati attraverso le vesti, detti appunto canti vestali.
All’insieme di tali esperienze fu dato il nome di Ur, che fu pure il termine eletto per indicare la base.
A risoluzione dei lavori, i Pionieri decisero di lasciare alcuni Semi del Sacro Cono così da rendere la base discernibile dopo la loro dipartita. A questo scopo fu innalzato un peculiare emporio.
Dai Semi del Sacro Cono che vi furono interrati germinarono degli esseri di luce denominati Sadoha.
La comparizione di questi esseri fu battistero di imponente letizia per tutti i Pionieri. I loro corpi colmi di luce bianca cagionavano vibrazioni di inaudita belluria.
Dopo un periodo di addestramento, ai Sadoha fu commissionata la gestione di Ur.
I Pionieri ripresero quindi la loro navigazione verso il Picco di Buio.
Grazie alle luci dei Sadoha, la scesa della flotta fu molto scorrevole.
Sebbene le luci di Ur addivenissero sempre più fievoli, man mano che i Pionieri digradavano, la loro presenza elargiva un senso di ingente quiete e riparo.
Volgendo lo sguardo verso l’alto, i Pionieri si sentivano pervadere dalle frequenze estatiche degli inni dei Sadoha e accoglievano l’energia per fronteggiare gli spazi imperscrutabili che si schiudevano sotto di loro.
Dopo una prolissa navigazione, i Pionieri raggiunsero un’area di indicibile tenebra.
Il buio era talmente serrato che i fari delle flotte non riuscivano più a diffondere luce lungo il percorso.
Le flotte non potevano nemmeno adocchiarsi tra loro.
Inizialmente i Pionieri confidarono di essere approdati al Picco di Buio e decisero di fermarsi per innescare le fasi di avvicendamento previste dal Gioco.
Tuttavia, dopo una diligente revisione, si resero conto che si trattava invece del punto di mezza via tra Handor, il Picco di Luce, e l’arcano Picco di Buio.
Secondo le notificazioni ricevute durante l’addestramento, in quel luogo sarebbe successo qualcosa di inconcepibile rilevanza.
A parte le esigue luci di Ur, che a stento si riuscivano a discernere, l’oscurità era totale e i Pionieri non sapevano cosa fare.
Allora si misero in contatto con la base di Ur per accertare se le trasmissioni con Handor fossero state ristabilite. Ciò non fu il caso, e di conseguenza i Pionieri interrogarono direttamente i Sadoha onde ricevere spunti su come procedere.
I Sadoha proposero di istituire delle basi attorno alla zona, onde farla brillare convenientemente.
A questo fine i Pionieri decisero di spostarsi orizzontalmente in quattro direzioni e di impostare la loro flotta in quattro elementi composti da tre flotte.
Ogni elemento, dopo aver raggiunto l’estremità di una direzione, vi edificò una base e depose altri Semi del Sacro Cono.
Le quattro basi avevano attributi assai distinti tra loro ed esternavano le doti specifiche degli elementi che le avevano edificate.
A esse venne dato il nome di:
Ruha, Ratah, Rogah, Riallah
Dai Semi depositati nelle basi germinarono in seguito dei Sadoha con corpi di luce di quattro colori: rosso per Ruha, verde per Ratah, blu per Rogah, giallo per Riallah.
Al termine dei lavori di erezione, i quattro elementi si raccolsero di nuovo nel punto da cui erano dipartiti, allietandosi per la loro ritrovata unità.
Da quel punto, che fu denominato
Pahai
o Centro del Sacro Cono, essi tripudiarono nel ravvisare l’oscurità rischiarata, oltre che dalle tenui luci bianche di Ur, da quelle sgargianti dei colori delle quattro basi direzionali.
I Pionieri erano giulivi per aver edificato l’ossatura di un nobile cono con l’apice in Ur, il cerchio o asse orizzontale di appoggio, segnato dalle quattro basi direzionali, e il centro in Pahai.
Ognuno dei quattro elementi ardiva dimostrare agli altri le basi che aveva costruito e gli esseri di luce che le popolavano. I Pionieri decisero quindi di compiere una navigazione di visitazione circolare attorno all’asse orizzontale per rendere omaggio alle quattro basi direzionali.
Il viaggio fu esaltante e pieno di canti e danze estatiche.
Occorsero molti cicli di tempo per esaurire l’itinerario. Numerose canzoni e danze di distinte qualità furono redatte.
Al termine del giro, i Pionieri ritornarono nell’area centrale di Pahai per colmarsi della luce verticale di Ur e quella orizzontale delle quattro basi direzionali. Essi ponderarono su come procedere.
Durante questa posa, i Pionieri iniziarono a presenziare una serie di episodi alquanto singolari.
Secondo le istruzioni originarie, queste circostanze facevano innegabilmente parte del Gioco.
I Pionieri sapevano che sarebbero maturati accadimenti stravaganti una volta sopravanzata l’Ultima Frontiera. Tali accadimenti ebbero in vero conseguenze notevoli sui Pionieri, tanto che essi principiarono ad esperire rilevanti anomalie.
La costruzione delle basi direzionali aveva richiesto un impiego crescente delle vesti. Ciò comportò un rafforzamento di interesse riguardo al loro funzionamento e potenziale.
Conseguentemente i Pionieri esperirono pecche di memoria che cagionarono la privazione di alcuni dati chiave relativi alle istruzioni ricevute in origine da Handor.
Fu a quel punto che essi esordirono con l’usanza di un’anomala forma di comunicazione che, in luogo delle consuete modalità linguistiche, consisteva nell’impiegare le vesti come veicolo di espressione.
Un tipo di comunicazione che prese sempre più piede consisteva nel parlare ed enunciare punti di vista e opinioni, estendendole poi interiormente sotto forma di pensieri.
In seguito, e ciò non era mai successo fino ad allora, i Pionieri si misero a esprimere credenze e giudizi.
Una peculiarità rimarchevole di questo tipo di comunicazione fu il suo evidenziare divergenze consistenti tra gli elementi.
Intanto, l’impiego dei canti e delle danze, a eccezione di quelli usati per tradurre opinioni e concezioni, defalcava consistentemente.
I Pionieri cominciarono di grado in grado a giustificare l’accezione di quel vocabolo di cui non avevano inteso in origine il contenuto:
Separazione
All’interno della flotta, infatti, si creò un certo alterco tra una parte che sosteneva la tattica di portare la luce verso il Picco di Buio e un’altra che insisteva sull’idea di trarre il Picco di Buio verso la luce.
La disparità di vedute diventò così tersa che le due parti decisero di separarsi e di giocare per conto proprio.
Ognuna delle due parti, composta di sei dei dodici cerchi del sistema di Handor, diede vita a due armate di sei flotte, per un totale di 72 Pionieri ciascuna.
La divisione in due parti rese necessaria una corposa modificazione nell’organico, nelle strumentazioni e, in particolare, nelle vesti dei Pionieri.
La separazione avvenne dapprima con fogge ludiche. Per molti si evidenziava come un espediente esaltante inteso a spronare l’andamento del Gioco.
In seguito, le parti si sarebbero riunite così come era convenuto negli accordi di base. Tuttavia, col passare del tempo, diventava sempre più disagevole intendere se le due parti avevano davvero proponimento di onorare gli accordi.
Le disparità si acuirono e sorressero l’uso di modalità di gioco alquanto atipiche e ponderose.
Il marchio più eloquente di questa inclinazione avvenne quando ciascuna polarità decise di istituire due basi di direzioni secondarie nei punti medi tra una direzione e l’altra.
Conseguentemente sorsero le basi di
Ahur, Hatar, Hagor, Hallair
In questi siti furono depositati dei Semi del Sacro Cono, da cui germinarono dodici esseri di luce e buio chiamati Paheka.
Le loro sagome, a distinzione di quelli dei Sadoha che concepivano solo luce, effondevano sia luce che buio.
L’apparizione dei Paheka fu fonte di ingente contentezza per i Pionieri di ciascuna polarità.
Il buio era una sostanza molto rara per gli Handoriani.
In seguito al successo del Gioco del Sacro Cono, il suo valore era divenuto ormai inestimabile.
I dodici Paheka erano in grado di produrre buio in quantità pressoché illimitate. Ciò li rendeva pregiati per i Pionieri.
Ciascun Paheka cagionava dosi diverse di buio e luce.
Tale situazione determinò per gradi un’accesa contesa tra i Pionieri, tanto che anche all’interno di ciascuna polarità si crearono delle divergenze che portarono infine ad altre separazioni.
La flotta originaria si divise in dodici Settori rappresentativi delle dodici flotte dei dodici astri di Handor e dei dodici Paheka.
Ogni Settore creò una base attorno alla circonferenza del grande cono e iniziò a sfruttare i potenziali di un suo proprio Paheka.
Dopo sterminate navigazioni e certami, i dodici Settori si divisero ulteriormente tanto che alla fine ciascuno dei 144 Pionieri decise di proseguire autonomamente.
Quest’ultima scissione causò gravi problemi in quanto il Gioco, per essere svolto efficacemente, richiedeva un organico minimo di dodici unità.
I Pionieri furono forzati così a trovare una soluzione per avallare la continuazione del Gioco. A questo scopo decisero di impiegare i Paheka.
Ognuno dei 144 Pionieri creò una sua propria base ed emanò ulteriori Paheka.
Ogni Pioniere si mise quindi alla guida di un cerchio composto da dodici Paheka. Grazie a questi cerchi, il Gioco ottenne un grande impulso creativo.
I Paheka, tuttavia, non erano esseri di luce, bensì esseri di luce e buio. Poiché erano nati dopo il processo di separazione dei Pionieri, esperivano ingenti disagi a operare in cerchio.
Essi erano più inclini a lavorare in coppia e si trovavano principalmente a loro agio in situazioni di accese relazioni di unità o conflitto binario.
Per sindacare il Gioco, ogni Pioniere dovette apportare modifiche consistenti nella sua veste e impiegare gran parte delle sue risorse in sfibranti rapporti o accorgimenti strategici con ciascuno dei dodici Paheka.
Fin tanto che il Pioniere manteneva il controllo di questo complesso sistema di unità e conflitti, il Gioco funzionava adeguatamente. In caso contrario ne derivavano seri inconvenienti.
Il principale di questi ebbe luogo quando i Paheka si avvidero che potevano conoscersi tra loro senza l’ausilio dei Pionieri.
Tale relazione generò un seme autonomo da cui nacquero diverse forme di vita, definite Graha, o più precisamente Hagraha, che i Paheka impiegarono per promuovere una loro variante del Gioco.
I Pionieri furono a poco a poco abbandonati dai loro Paheka e, poiché non disponevano più di un loro cerchio, furono impediti a proseguire proficuamente il Gioco.
Intanto i Paheka di entrambe le varietà rafforzavano le loro basi e il controllo dello spazio operativo.
Nel giro di poche epoche l’area del cerchio orizzontale passò quasi integralmente sotto il dominio dei Paheka e il vassallaggio dei Graha.
I Pionieri deliberarono allora di calare nelle terre dei Paheka per formare delle alleanze con i loro residenti e i Graha.
Essi si rapportarono con alcuni di essi e in particolare con un gruppo chiamato Zruddha. Questi ultimi furono tratti dalla luminosità dei Pionieri e, pur non cogliendone i motivi, si misero al loro servizio.
I Pionieri riuscirono ad addestrare e utilizzare gli Zruddha e ripresero così un certo controllo del Gioco.
Questa contingenza non durò a lungo poiché gli Zruddha possedevano una natura assai caduca e instabile.
Le loro sagome si deterioravano e diventavano inservibili in breve tempo. Di conseguenza, i Pionieri erano costretti a cercare in continuazione altri Zruddha per i loro cerchi e a impiegare notevoli risorse per addestrarli.
I Paheka, dal canto loro, una volta resisi conto dei legami di alleanza tra Pionieri e Zruddha, inasprirono le condizioni di questi ultimi.
Ciò ridusse ancor più la loro durata. Invano i Pionieri cercarono di intervenire impiegando nuove strategie operative, ma nessuna di esse ebbe successo.
Infine, Pionieri e Paheka giunsero a un accordo di tregua in virtù del quale i primi accolsero di restare in confino nelle loro basi e a convenire il dominio dei Paheka sulla restante vastità della Sfera.
I Paheka, in cambio, si impegnavano di propinare ai Pionieri tutto il buio di cui abbisognavano.
I Pionieri, infervorati per i grandi quantitativi di buio di cui potevano disporre, si ritirarono nelle loro basi e iniziarono a giocare per conto proprio.
Questa condizione di scambio ridusse i quantitativi di buio dei Paheka e rese questi ultimi più luminosi e attraenti agli occhi degli Zruddha e degli altri Graha dell’area orizzontale.
Tuttavia, la luce dei Paheka, essendo priva di una verace connessione con il Picco di Luce, cominciò a produrre anomalie sempre più consistenti.
Sin dall’inizio della spedizione, le vicende dei Pionieri furono seguite nel sistema stellato di Handor.
Nelle arene erano allestiti grandi schermi ove venivano proiettate le loro imprese.
Gli Handoriani risultavano strabiliati per tutto quello che succedeva. Quando seppero della situazione di blocco in cui si trovavano i Pionieri, allora proprio non ne poterono più e si rivolsero al Picco di Luce per avere opportune delucidazioni.
Questi accettò di rivelare una madornale e recondita verità:
Questa separazione a cui assistito avete
per me affatto novella è.
Un Gioco assai mordace di cui a voi riferire non potevo
sussiste.
Possibile non mi era perché inteso non avreste.
Ora che le vicende dei Pionieri seguito avete,
finalmente in grado di comprendere siete.
Quindi in conclusione il mio segreto affrancare posso.
Bene a sentire statemi.
Laggiù, oltre il Picco di Buio,
la mia affine prediletta, insieme alla sua stirpe e alle mie adorate affini, dimora.
In un tempo assai remoto un Gioco,
la prima edizione per eccellenza del Gioco del Sacro Cono,
principiammo.
Similmente col separarci l’uno dall’altro finimmo.
Ora il richiamo della nostra antica unione possente risuona.
Dalla mia affine Rodnah, il Picco di Buio, un Cerchio di Pionieri è salpato.
Essi dodici rappresentanti
per ciascuno dei dodici regni di Rodnah comprendono:
Yawrik, Tnert, Rodut,
Xellak, Metrah, Gmarf,
Ramnah, Nairf, Lujnas,
Raxah, Raku, Yllouv.
Nel punto a metà strada di Pahai
i due Cerchi a incontrarsi son destinati.
Ciò accaduto ancora non è,
perché i Pionieri di Rodnah
similmente a quelli di Handor si comportarono.
Essi dapprima una base chiamata Ru crearono.
In quel sito le controparti di buio puro dei Sadoha [Ma Sadoha] generarono.
In seguito tra loro si separarono
E le controparti grigie con matrice di buio dei Paheka [Mare Paheka] a produrre iniziarono.
La separazione cui assistito avete, già allora luogo ebbe.
Anch’io di un gruppo originario di 144 Pionieri parte facevo.
Dopo questa enunciazione conturbante e spoglia di precedenti, il Picco deliberò di dislocare una tredicesima missione esplicitamente dall’astro centrale di Handor.
La tredicesima flotta, composta da dodici pionieri, si installò dapprima a Ur, ove con l’ausilio dei Sadoha, fondò il sistema denominato Ur Handor, in seguito semplicemente Handor, o Sistema degli Stati Handoriani.
Poi discese lungo l’asse verticale, pervenendo apertamente nel punto centrale di Pahai. Attorno a questo luogo si espandevano le nutrite basi che, nel corso di miriadi di epoche, erano state erette dai Pionieri, dai Paheka e dai Graha.
La tredicesima flotta si trattenne nel punto centrale di Pahai in attesa di fissare il contatto con la tredicesima flotta dei Pionieri provenienti da Rodnah.
Dopo un esteso fluire di tempo, l’incontro finalmente ebbe luogo.
Le circostanze di tale sublime evento sono per il momento ineffabili.
Al termine, le due parti disposero le loro flotte in parallelo, una sopra l’altra, plasmando così la prima intelaiatura della base denominata Pahai.
Da quel punto i tredicesimi Pionieri di Handor furono invitati a procedere lungo l’asse verticale per raggiungere Ru, la base verticale di Rodnah.
Contemporaneamente quelli di Rodnah ascesero verso Ur, la base verticale di Handor.
Dopo aver proceduto alla consegna dei 144 sigilli dei Pionieri originari di ciascuna delle due parti, i tredicesimi Pionieri ritornarono tutti a Pahai.
Le modalità della deposizione dei sigilli non è dato chiosare nemmeno attraverso una metafora.
In seguito, i dodici Pionieri di ciascuna parte si misero alla ricerca delle flotte dei Pionieri originari.
A questo scopo principiarono a erigere la base di Pahai e a rivestirne i vari livelli dell’intelaiatura per mezzo di entità di giuntura denominate Bhi Jinah.
La costruzione di Pahai e il concomitante recupero dei Pionieri originari è ora in corso di svolgimento.
Essa è ravvivata dal canto di Kahesha Opa:
Kahesha Opa,
Kahesha Opa,
Kahesha Opa,
Pahai Sadoh,
Kurandah,
Mandira,
Etnai,
Etnai,
Kahesha Opa.
Ognuno dei componenti delle tredicesime flotte ha il mandato di rinvenire e scortare nella base di Pahai i dodici Pionieri di ciascuna delle dodici flotte originarie.
Una volta recuperato interamente l’equipaggio e le unità delle flotte dei pristini Pionieri, le flotte di Handor hanno a proseguire per Ru, espandendo in quella direzione la struttura di Pahai. Similmente le flotte di Rodnah incedono verso Ur.
Le flotte di Handor e Rodnah sono intese a espandere Pahai nell’ambito dell’intera collocazione spazio-temporale della Sfera Grigia.
Tale impresa si manifesta tramite l’opera dei Pahai Etnaire, e la germinazione dei Bhi Jinah, attivati mediante i rapporti tra Sadoha e Pahai Etnaire.
Per impastoiare la possibilità di tale evenienza, i Paheka con matrice di luce (Hare Paheka) conobbero quelli di buio (Mare Paheka) e diedero vita a una cospicua rete di assedio nell’asse orizzontale finalizzata a impedire l’operatività dei Pionieri.
Tale rete, denominata Paheka Rubhe, consiste nelle 144 combinazioni binarie o rapporti di coppia tra Hare Paheka e Mare Paheka.
Questi rapporti diedero origine a 144 Mahagraha, che col tempo si accrebbero e generarono tutte le varietà di Graha sussistenti nella Sfera Grigia.
Il cospetto di questa rete cagionò un frangente di blocco e di stagnazione nell’intera area di Pahai.
I Pionieri originari hanno da integrare il Gioco come contemplato.
Per fare ciò necessitano affrancare i Graha, la rete dei Paheka, e i Paheka stessi.
Questo è possibile solo se riescono a ritrovare la loro unità primigenia.
Questo è possibile solo se riescono ad approdare insieme a Rodnah passando da Ru, e viceversa.
Questo è possibile perché in effetti non esistono proprio altre veraci possibilità.
Indi, la strada è aperta e ognuno la segue privo d’indugi in quiete e unità.
Tutti sono uno e non cercano altro che tale quiete e unità, allorché esauriscono le tappe terminali di un viaggio che non è mai in vero esistito.
Pahai Attha!
Pahai Idriahe!
Pahai
Pahai
Pahai.
Kahesha Opa,
Pahai Sadoh,
Kurandah,
Mandira,
Etnai,
Tumah, Kahesha Opa!