“Empath” è ora un termine piuttosto di moda nella psicologia alternativa e subcultura New Age, così come diversi anni fa era in voga il termine “bambini indaco”, di cui ora non si parla più tanto, forse perché quei bambini sono diventati adulti.
Un “empath” (empatico) è descritto come un individuo altamente sensibile con la capacità di percepire ciò che le persone vicine pensano e sentono.
Per un “empath” rendersi conto di questo è molto utile, perché consente di non attribuire a se stesso le emozioni e i pensieri che prova. Allo stesso tempo, ciò può essere una catastrofe se un “empath” comincia ad attribuire alle persone che incontra le emozioni e i pensieri che prova. Avete mai incontrato questo tipi di soggetti?
Si sentono arrabbiati, arrapati, depressi, angosciati, ecc. e la loro immediata conclusione è che sei tu che ti senti così, solo per il fatto che ti trovi nelle loro vicinanze.
Se sei un “empath” hai decisamente una grande sensibilità, e questo può essere un grande dono. Ma può essere una grande maledizione, se attribuisci quello che provi solo a te stesso o ad altri esseri umani.
Ciò che occorre capire prima di tutto è che noi esseri umani siamo solo una minuscola parte della realtà. Si tratta di riconoscere che esistono anche altre entità visibili e invisibili. Si tratta di smetterla di incolpare solo se stessi o altri individui riguardo ciò che ci accade!