Come evadere la trappola del pensiero unico?
Prima di tutto, che cos’è il pensiero unico?
Secondo Ignacio Ramonet, che nel 1995 coniò ufficialmente questo termine sul periodico Le Monde diplomatique, di cui era allora direttore, è “la trasposizione in termini ideologici, che si pretendono universali, degli interessi di un insieme di forze economiche, e specificamente di quelle del capitale internazionale”.
Da una prospettiva multidimensionale il pensiero unico può essere definito in molteplici maniere, coerentemente alla natura implicita della multidimensionalità, che incoraggia l’espansione della coscienza e l’accesso alla più ampia varietà di percezioni e punti di vista. Una tra queste definizioni, improvvisata or ora, considera il pensiero unico come un processo psicologico che, mediante la negazione e la dissociazione, permette di evadere la realtà e di ritirarsi in uno stato mentale autistico allucinatorio.
Come affrancarsi quindi dal pensiero unico?
In primo luogo si tratta di comprendere che il pensiero unico opera in modo indicibilmente profondo, per cui i suoi riferimenti politici, scientifici, religiosi ed economici, ravvisabili da chi ancora non si è trasformato in un biocomputer, sono solo, per essere generosi, la punta dell’iceberg. Tale punta è riscontrabile oggigiorno nell’assenza crescente del dibattito politico o scientifico riguardo i temi imposti da parte del potere dominante.
L’iceberg, nella sua interezza, è ravvisabile nel funzionamento perverso della totalità della mente umana ordinaria, da cui deriva la percezione separata dell’esistenza. Il pensiero unico in questo caso è il pensiero di separazione. Una volta che tale pensiero unico domina si produce e assesta la realtà del mondo che vedi, che diventa inoltre l’unica realtà possibile
Come uscirne? Anche qui, da una prospettiva multidimensionale e pluralista, termini antonimi di pensiero unico, le risposte o metodologie sono innumerevoli. Una tra queste, come recita Un corso in miracoli, consiste nell’ammettere quanto segue:
Io non percepisco ciò che è meglio per me.
In nessuna delle situazioni in cui ti vieni a trovare ti rendi conto dell’esito che ti renderebbe felice. Pertanto non hai alcuna guida a un’azione appropriata, né alcun modo per giudicare il risultato. Ciò che fai è determinato dalla tua percezione della situazione, e quella percezione è sbagliata. È inevitabile, dunque, che non farai ciò che è meglio per te. Eppure questo è il tuo unico obiettivo in qualsiasi situazione percepita correttamente. Altrimenti non riconoscerai cos’è.
Se ti rendessi conto che non percepisci ciò che è meglio per te, ti si potrebbe insegnare cos’è. Ma vista la tua convinzione di saperlo, non puoi imparare. L’idea di oggi rappresenta un passo nell’aprire la tua mente cosicché tu possa incominciare a imparare… (continua in https://lezioni.acim.org/it/chapters/lesson-24)
PS: Tutte le informazioni fornite in questo articolo sono presentate unicamente per stimolare la consapevolezza e le intuizioni del lettore, e non sono intese a sostituire la sua ricerca ed esperienza diretta. Questo scritto non costituisce l’enunciazione di verità assolute, bensì di punti di vista limitati, che fanno parte di una visione più ampia, o di messaggi strategici intesi a scuotere la coscienza dall’assuefazione a pregiudizi e idee fisse. Questo significa che esprimendo un punto di vista l’autore riconosce e accetta simultaneamente il suo esatto opposto, così come ogni possibile diversità.