“Lasciare andare” può incutere paura perché fa pensare che dobbiamo rinunciare a qualcosa di bello e soffrire di conseguenza.
E in effetti per certi versi, al di là di tutte le parole illuminanti che si possono usare per giustificare il “lasciare andare”, è proprio così!
È del tutto legittimo provare tristezza, rabbia e ogni sorta di emozione o pensiero spiacevole quando qualcosa o qualcuno che amiamo viene a mancare, allorché siamo costretti a lasciare andare.
Non c’è nulla di più insopportabile di certe frasi preconfezionate inneggianti al non-attaccamento che alcune persone si permettono di articolare in queste occasioni.
Abbiamo ogni diritto di sentirci attaccati verso persone e situazioni che amiamo, a provare dolore quando avviene il distacco. Questo è un segno di salute, perché implica che abbiamo ancora un’anima, che non ci siamo ancora trasformati in entità predatrici, che vivono solo per prendere, staccare, amputare, o in sterili automi, freddi ingranaggi meccanici.
Se ancora abbiamo un’anima sensibile, non solo sentiamo il nostro dolore riguardo il distacco da persone o situazioni amate, ma sentiamo anche il loro dolore, e non solo, sentiamo il dolore dell’intera umanità, di tutti coloro che hanno sofferto nel passato e lo faranno nel futuro.
Ecco perché questo dolore è sacro, inviolabile, e se lo senti sappi che in questa emozione c’è una dignità, un’elevazione e bellezza immane.
Attenzione, però! Qui non sto inneggiando alla necessità del dolore, al fatto che bisogna stare male, perché attraverso la sofferenza si cresce spiritualmente. Solo un sadico, un maniaco criminale può ideare un tale sistema educativo…
E nemmeno intendo dire che la sofferenza è dovuta ai nostri attaccamenti, per cui onde evitarla e crescere spiritualmente, occorre lasciare andare.
Voglio principalmente dire che il dolore c’è e basta! E se cerchiamo di trovare una giustificazione, delle frasi fatte, per motivare la sua presenza non lo capiremo mai. Allora come conseguenza continueremo a soffrire, finchè non ci degnamo di ascoltare questo dolore affinché ci dica lui stesso che cos’è.
Il motivo forse per cui non siamo disposti ad ascoltare e accettare il dolore è perché il dolore, la sofferenza sono la più grande causa di imbarazzo di questa realtà e di chi l’ha generata…
In questa realtà di terza dimensione il dolore provocato dalla separazione e il distacco sono spiritualmente l’equivalente dell’abuso e della violenza sessuale sul piano fisico.
Quindi, prima ancora di giustificarli, si tratta di riconoscere il danno che causano, dargli valore, legittimarlo.
Il dolore effettivo, quello più straziante, non è dovuto al dolore che proviamo quando accade qualcosa di spiacevole, ma dal sentire che questo dolore è il segno di qualcosa di sbagliato che abbiamo fatto o che qualcuno ha fatto.
Quindi non solo stiamo male, ma sentiamo che questo malessere è una responsabilità o colpa nostra o di altri, perché non ci dovrebbe essere in condizioni normali, in quanto tutto è stato creato perfetto o per altre ragioni commerciali e spirituali.
No, non c’è qualcosa che non va in noi o in altri!
C’è il dolore e basta!
Lasciare andare significa liberarsi prima di tutto dal ritenere sbagliato il nostro attaccamento verso persone e situazioni e le emozioni che ne derivano.
Da una prospettiva multidimensionale abbiamo ogni diritto di sentirci attaccati a persone e situazioni perché fanno parte di noi, così noi di loro. In terza dimensione siamo costretti a distaccarci, perché questa è una realtà fondata sulla separazione. E ciò inevitabilmente causa dolore, ma si tratta di un dolore legittimo.
E abbiamo anche ogni diritto di sentire che questo distacco e il dolore che ne deriva è ingiusto, di ribellarci a questa realtà, di non seguitare a giustificarla come una tappa obbligata, un modo per crescere e altre probabili tonterie.
Abbiamo il diritto di protestare, di ammutinarci, di proclamare uno sciopero generale, di mettere in crisi il funzionamento di questa dimensione stessa. Quando e se avremo il coraggio di farlo, allora forse capiremo cosa vuol dire lasciare andare.
© Franco Santoro