Una delle imprese più ardue della vita in questo mondo consiste nel capire la differenza tra i tuoi condizionamenti o falsi sé, e il vero Sé, Io o qualunque termine con cui Lo vuoi chiamare. Insisto con il “con cui Lo vuoi chiamare”, che include pure l’opzione di non chiamarlo affatto, perché questa non è una questione linguistica, teologica o semantica. In effetti, una delle difficoltà principali nell’identificare chi sei risiede proprio nella confusione esistente tra linguaggio, credenze, condizionamenti ed esperienza diretta. L’esperienza umana è nella maggioranza dei casi intesa a dimostrare le credenze consce o inconsce. Ne deriva che le esperienze che contraddicono o trascendono le credenze dominanti sono incessantemente represse o fraintese radicalmente.
Arriva un momento nella vita in cui tuttavia la follia di questo processo si evidenzia in un individuo e genera una profonda crisi. Quando una persona non capisce più chi è, si sente persa e confusa, senza una chiara identità o scopo esistenziale, raggiunge il momento decisivo in cui paradossalmente si trova nel massimo stato umano di chiarezza. Esso consiste nel riconoscimento della propria radicale ignoranza e nella constatazione vivida che tutto ciò in cui precedentemente si era convinti è totale illusione e falsità. In questa consapevolezza, assai imbarazzante e sconcertante, si colloca il portale verso una nuova vita. Magari ci siamo giunti in diverse occasioni, ma poi abbiamo preferito ritornare indietro, incapaci di gestirne la portata. Quando capiamo che proprio non è più possibile fare retromarcia, l’unica direzione percorribile consiste nel ricercare il proprio vero Sé, o qualunque termine con cui Lo vuoi chiamare. E a questo punto sottolineo che la tua ricerca sarà autentica solo quando permetterai al tuo vero Sé di dirti come vuole essere chiamato o se vuole essere chiamato o meno.