Per procedere lungo il sentiero di luce si tratta di imparare a riconoscere e fare i conti con la belva che dimora dentro di te, la parte repressa che abbaia inferocita nel buio. Da questa parte ci siamo allontanati così tanto da non riuscire a udirla più, se non in certi momenti, come per esempio in corrispondenza con le lune piene.
La belva la possiamo sentire sia internamente, attraverso una rabbia improvvisa che proviamo, o esternamente mediante la rabbia di persone con cui abbiamo a che fare.
Da un punto di vista multidimensionale non c’è alcuna differenza tra la rabbia che proviamo noi e quella che vediamo negli altri. Interna o esterna, fin tanto che la rabbia ci causa paura, imbarazzo, condanna, colpa o ancora più rabbia, abbiamo a che fare con la nostra rabbia, che è anche la rabbia di tutti. Questa rabbia non ha pronomi personali. La rabbia è energia, e non appartiene a nessuno, proprio come l’aria. Ciò che può cambiare è solo il nostro modo di respirare, di gestire la rabbia, che tuttavia seguita a esistere per tutti.
Quindi in presenza della rabbia, è inutile perdere tempo per capire a chi appartiene, si tratta di trovare un modo per gestirla, e per trasformarla in modo luminoso.
Nella maggior parte dei casi la rabbia è il risultato di una profonda frustrazione dovuta a qualcosa che continua a non essere mantenuto o fatto. Spesso è la nostra reticenza e procrastinazione cronica ad esserne la causa, il fatto che facciamo delle promesse a noi stessi e agli altri, e poi ce ne dimentichiamo o ci lasciamo distrarre da qualcos’altro. Allora, è necessario ricordare i nostri propositi, l’ultimo momento in cui abbiamo provato chiarezza.
La rabbia è un accumulo di energia inespressa verso ciò che conta per noi nella vita, e che rischia di esplodere se non agiamo conseguentemente.
In certi momenti della vita e cicli lunari questa energia raggiunge l’apice. Se esiste chiarezza si tratta di un momento ideale per agire, prendere iniziative coraggiose, e fare quel che è giusto. Qui possiamo scegliere se rimanere in uno spazio di sicurezza provvisoria, in cui prendiamo tempo o facciamo finta di niente, o se rischiare e fare un passo ardito verso nuove risoluzioni. Basta fare anche un solo piccolo passo, non si tratta di arrivare subito a destinazione. La domanda a questo stadio è: “c’è qualcosa che posso fare per onorare quanto mi sono proposto di essere o fare recentemente?”
La chiave qui non è riflettere e ponderare per ricevere una risposta, che molto probabilmente abbiamo ricevuto più volte, né seguitare a tergiversare. Si tratta forse di trasformare la risposta che già abbiamo in un atto o provvedimento, anche accettando che sia l’atto stesso a fornire la risposta…
© Franco Santoro