Tratto dalle opere:
Astrosciamanesimo: un viaggio nell’universo interiore di Franco Santoro [Formato Kindle]
Concisa Epitome del Compendio dell’Epica del Sacro Cono di Franco Santoro
Le nostre più vetuste rimembranze principiano con uno stato di estasi e concordia, la cui beata consistenza non è dato descrivere tramite le favelle di umana derivazione. Malgrado tutto un idioma abbiamo qui a intentare d’adoprare onde poter figurare la consistenza di quel che dimora oltre ogni terrena figurazione. E allora ne consegue che ci poniamo all’opera. Pienamente consapevoli della vana natura di tale impresa, procediamo a narrare quegli eventi che condussero alla percezione di codesta collocazione spazio-temporale così come, all’ordinaria e umana prospettiva visiva, essa appare.
Nelle sterminate geografie della Sfera di Luce, in quegli spazi estatici che nessun vocabolo perverrà mai a definire, palpita un sistema stellare il cui nome è Handor. Tale sito possiede una nota distintiva peculiare: la vita dei suoi abitatori si fonda sull’espressione canora e giocosa. Le loro forme di comunicazione si esternano mediante danze, inni, ballate, movimenti, silenzi e altre festanti manifestazioni che proprio non è possibile traslatare nei linguaggi di umana comprensione. Sussiste ordunque un altro aspetto ragguardevole in tale sistema stellare. Esso designa l’Ultima Frontiera della Sfera di Luce. Cosa significa l’Ultima Frontiera? Ebbene, si tratta di una storia molto estesa e, benché l’impresa sia pretenziosa, proveremo ugualmente a dispiegarla.
Su Handor, in un’epoca assai remota, accadde un evento senza eguali: la Sfera di Luce conseguì il Picco di Luce. Fu necessaria una cadenza di tempo indicibile per approdare a questo ceto. Nel procedere di copiose successioni di ere, la coscienza collettiva di Handor aveva barattato energia con il Centro della Sfera di Luce, addivenendo infine anch’essa parte integrante di codesto Centro. Tale occorrenza fu un conseguimento di madornale portata per l’intera Sfera di Luce. Una gaiezza incommensurabile propalò nel sistema di Handor e da quel giorno le celebrazioni si susseguirono incessanti. Codesta congiuntura cagionò una lucentezza e una coscienza estatica di tale immensità che…. Insomma! Ci difettano proprio le parole per descriverla. Cimentatevi solo a immaginare il sommo stato di contentezza che le menti umane più edotte possano concepire. Ebbene, il Picco di Luce è qualcosa di tanto più mastodontico che sulla Terra non sussistono nemmeno le condizioni matematiche per misurarlo in proporzione. Tale era l’esistenza su Handor.
Dopo un certo tempo, congiuntamente a quest’indicibile stato di contentezza, gli Handoriani si resero conto che la loro lucente condizione era destinata a confrontarli con una disfida inverosimile e impensata. Il Picco di Luce principiava a calcare per estendere le sue dimensioni. Handor non poteva più contenere tutta la sua lucentezza e il Picco necessitava di un’altra direzione ove procedere. Ma, se Handor era l’Ultima Frontiera, dove poteva mai peregrinare il Picco? La replica umanamente più ovvia era di provare a ire oltre la Frontiera. Tuttavia, per la stirpe di Handor, la cosa non pareva per nulla lampante. Nessuno aveva mai concepito sopravanzare la Frontiera. Del resto era proprio questa la cagione per cui si denominava l’Ultima Frontiera. Oltre quella zona non c’era niente, ed era impensabile l’idea di ambulare a farci qualcosa. Nonostante ciò, in qualche sito su Handor, qualcuno elucubrò questo stravagante intendimento. Similmente a una burla, esso prese foggia sommessamente. Nell’occulto principiò a circolare come un vellicante quesito Handoriano. “O benedetto fratello, come hai potuto congetturare un intendimento sì folle e insensato? Com’è possibile traslocarsi in una contrada che non sussiste? Laddove si permane sempre nelle tenebre? Proprio ci domandiamo qual è il senso e perché! Com’è possibile celiare nel buio? A che pro? Nel Picco noi siamo e qui con lietezza permaniamo!” così cantava ingente modo la maggior parte degli Handoriani. Da un lato queste valutazioni parevano piuttosto naturali, dall’altro esistevano di fatto delle cagioni che portavano a patrocinare un distinto punto di vista. “O benamati fratelli, questa è la disfida di un nuovo gioco!” salmodiava un gruppo di Handoriani. “Nelle ballate degli antenati si cantavano le narrazioni di un’epoca assai tarda. In quei tempi Handor avvicendava la luce al buio e i suoi cieli si tingevano sovente di grigio. Fu allora che un Picco remoto giunse a noi per elargire luce in cambio di buio. Ora che siamo noi stessi un Picco di Luce, da qualche parte abbiamo a trovare un sito ove barattare luce per buio. Qui di luce assai ne abbiamo, mentre laggiù, oltre l’Ultima Frontiera, solo buio ci sta. Allora, benamati fratelli, qui presto una mossa abbiamo a darci”.
Il dilemma, se andare o meno oltre l’Ultima Frontiera, iniziò a risuonare nei canti di Handor e, come era prevedibile, si trasformò ben presto in un gioco. A questo fine furono create confacenti arene ove, grazie a un peculiare arnese, detto Sacro Cono, era adempibile, a seconda dei casi, spandere la luce o custodire e riprodurre il buio. Quando il buio desisteva, tutti potevano ridere e gongolare per quello che era capitato nell’oscurità. La cosa era a tal punto dilettevole e vellicante che, in breve tempo, questo gioco addivenne uno tra i più in voga di tutto il sistema stellare di Handor. Fu denominato il Gioco del Sacro Cono e assunse note distintive sempre più articolate e stimolanti. Uno degli aspetti più inusitati che si svilupparono consisteva nella simulazione di una partita tra due squadre o cerchi. Un cerchio aveva la mansione di serbare il buio nel Sacro Cono e di riprodurlo al momento propizio, mentre l’altro maneggiava il Sacro Cono per effondere sgorghi di luce ed espellere o acciuffare il buio. Quando il buio di una squadra si depauperava, i ruoli dei cerchi si ribaltavano e così si seguitava fino ad esaurimento del buio fruibile. Il cerchio che riusciva a reggere più a lungo la custodia e la riproduzione del buio, era quello vincitore e aveva in seguito l’onore di cantare, danzare e offrire regalie all’altro cerchio.
Il Gioco del Sacro Cono era messo in atto con tornei ricorrenti, in cui si confrontavano cerchi rappresentativi di tutte le stelle e i pianeti di Handor. Col fluire del tempo ogni cerchio sviluppò specifiche capacità di gioco. A questo proposito sussistevano due propensioni principali. La prima consisteva nel rischiarare il buio con la luce, mentre la seconda comportava invece l’ottenebramento della luce con il buio.
Il buio era una sostanza molto pregiata per Handor e per la Sfera di Luce in generale. Per riprodurlo occorreva usare le riserve dei colossali depositi a forma di cono siti in prossimità delle stazioni direzionali di confine del sistema stellare. Prima della diffusione del Gioco, la maggioranza degli Handoriani non sapeva nulla di questi depositi. Nessuno, del resto, aveva mai nutrito alcun interessamento nei confronti del buio, a eccezione di un ristretto cerchio di estrosi giocatori. Questi lo adottavano di tanto in tanto come base per la composizione di insolite danze sperimentali. Il successo del Gioco determinò una subitanea e vertiginosa crescenza nell’istanza di buio, tanto che, col fluire del tempo, le riserve dei depositi principiarono a esaurirsi. A un certo punto il buio raggiunse una quota di tale penuria che gli Handoriani si trovarono di fronte all’ineluttabilità di sospendere o, quanto meno, ridurre fortemente la pratica del Gioco. Fu allora che il Picco di Luce in persona si esibì nell’arena di Hartem (la più abbacinante tra le 12 grandi stelle di Handor) e iniziò a intonare un canto traducibile pressappoco come segue: “O adorabili fratelli, per esteso tempo il Gioco nelle vostre arene è stato celebrato. Ora qui il buio ormai è terminato. I vostri Coni sono sgombri e se il Gioco seguitare intendete, a far provvisioni di buio, oltre l’Ultima Frontiera, a ire avrete. Laggiù barattare luce con buio potrete. Il Sacro Cono con voi arrecate e di buio empite”. Dopo questa canzone il Cerchio dei Campioni, che era composto dai 12 migliori giocatori e cantanti di ciascuna delle 12 grandi stelle di Handor, provò un’ingente eccitazione. “Era ora! È ciò che da tempo aspettavamo” intonarono più volte in coro tra i plausi del pubblico presente.
Il Picco fu pago dell’attitudine del Cerchio dei Campioni, ma captò l’esigenza di impartire una pregiata avvertenza che esternò solfeggiando più o meno come segue: “O adorabili fratelli, badate bene che oltre l’Ultima Frontiera il Gioco non è più come nelle arene. Di buio proprio tanto ce n’è, e perdere di vista la luce assai eventuale diviene. Nel buio le cose assai serie sovente appaiono. Tanto che perfino dimenticare potete di giocare, cantare e danzare. E inoltre abbisognate di una peculiare tuta spaziale, sul cui funzionamento a lungo s’ha a ponderare”. Tra tutte le canzoni e gli inni che nel corso dei tempi si erano uditi in Handor, questa pareva proprio la più strampalata. “Serio? Cosa significa? Com’è possibile obliare di giocare, cantare e danzare? Perdere di vista la luce!? Una tuta spaziale!?” verseggiarono i presenti in coro. Ora è necessario intendere che il vocabolo serio non esisteva nel linguaggio degli Handoriani. Quel vocabolo era oltre le loro facoltà di comprensione, così com’era anche il fatto di concepire la vita in modo difforme dal gioco o di perdere di vista la luce. Allora il Picco intervenne nuovamente e questa volta disse: “Quando si va oltre la Frontiera e si procede verso la Sfera di Buio, l’oscurità è talmente profonda e l’impatto della tuta spaziale così dissociato che dopo un po’ si perde il contatto con la Sfera di Luce. Ci si sente abbandonati e si prova un abbondante rancore verso Handor e quindi, come forma di vendetta, s’inizia a creare una realtà separata. Poi sopraggiunge la colpa e, onde sfuggire la sofferenza che ne deriva e la paura di una punizione, ulteriore separazione e vendetta è generata. Così prosegue fin tanto che il dolore e la noia giungono al massimo. Una volta arrivati al Picco della Sfera di Buio, si scopre che innanzi proprio non si può andare. Da quel momento principia il percorso di ritorno, e il disfacimento della realtà separata forgiata dall’inizio del Gioco. Si procede uniti fino al Picco di Buio, elargendo luce e ricevendo buio, e poi si ritorna tutti insieme celermente su Handor”. Questa delucidazione risultò totalmente astrusa per gli Handoriani. Non solo era colma di vocaboli mai uditi (vedi corsivi), ma soprattutto, e questo era proprio troppo, quella volta il Picco non cantò né danzò. Egli disse, e questo non era mai accaduto prima.
La stirpe di Handor era molto sorpresa e non riusciva a capire che cosa il Picco aveva voluto intendere. Allo stesso tempo si rendeva conto che c’era qualcosa di arcano di cui il Picco era a conoscenza e che a loro sfuggiva. Ciò causò ingente eccitazione tra i Campioni che iniziarono a far circolare una ballata con un testo del genere: “O venerabili fratelli, mai abbiamo giocato in questa guisa. È proprio un gioco dagli altri difforme. Vogliam adocchiare come funziona. Per empire il Sacro Cono, il buio abbisogna. Ovunque esso sia, a prenderlo noi iremo, e in cambio tanta luce riverseremo. Proprio non vediamo l’ora di peregrinare oltre l’Ultima Frontiera!”.
I Campioni accettarono di partire alla ricerca del buio e a questo scopo iniziarono un esteso periodo di addestramento nell’astro di Kallex presso l’omonima Rocca. Da quel momento i Campioni vennero denominati i Pionieri del Sacro Cono. Essi erano composti dai 12 migliori giocatori dei 12 astri del sistema di Handor, per un totale complessivo di 144 Pionieri. Quando giunse finalmente il giorno della loro dipartita, il Picco apparve presso la Rocca di Kallex e così parlò: “O audaci fratelli di Cerchio, siete consapevoli che è vostra scelta navigare oltre l’Ultima Frontiera? Che siete voi a prendere questa risoluzione?” “Certamente! Chi altro potrebbe essere?” replicarono in coro i Pionieri. “Vi reitero per l’ultima volta gli accordi di base del Gioco.” seguitò il Picco “Qualunque cosa accada, rammentatevi sempre che state giocando. Ricordate inoltre di rimanere sempre uniti. Il Gioco consiste nel raggiungere il Picco della Sfera di Buio da parte del Cerchio al completo, piantare i Semi del Sacro Cono, donare la loro luce, empirli di buio e poi ritornare indietro tutti insieme a Handor. Sta a voi definire quanto impiegare per concludere il Gioco. A tale riguardo molto dipenderà da ciò che farete una volta approdati a metà strada tra Handor e il Picco di Buio”.
I Pionieri dipartirono con una flotta composta da 12 grandi astronavi che cautamente principiarono a digradare a spirale oltre l’Ultima Frontiera. Si trovarono subito di fronte a un’area incredibilmente vuota e priva di vita. L’impatto con questa dimensione ispirò canti e danze mai udite fino ad allora. Dopo aver navigato per lungo tempo, a un certo punto i Pionieri persero l’orientamento e la connessione con Handor. Questa situazione era prevista nelle modalità operative del Gioco. Ciò nonostante contribuì a provocare molta eccitazione e sorpresa. I Pionieri pensarono di trovarsi nel punto a metà strada tra Handor e il Picco di Buio, e composero diverse canzoni per riflettere sul da farsi. Alla fine decisero di fermarsi per creare una grande base da usare come area di riferimento provvisorio. Durante la lunga sosta necessaria per i lavori di costruzione, i Pionieri ebbero modo di indossare le tute spaziali e di familiarizzare con la loro operatività. Per la prima volta vennero eseguiti canti e danze veicolati attraverso le tute spaziali. A tali esperienze venne dato il nome di Ur. Questo termine fu scelto in seguito come nome per la base. A conclusione dei lavori, i Pionieri decisero di lasciare alcuni Semi del Sacro Cono così da rendere la base visibile dopo la loro dipartita. A questo scopo venne costruito uno speciale deposito. Dai Semi del Sacro Cono che vi furono piantati nacquero degli esseri di luce denominati Sadoha. La comparsa di questi esseri fu fonte di grande letizia per tutti i Pionieri. I loro corpi pieni di luce bianca cagionavano vibrazioni di inaudita belluria. Dopo un periodo di addestramento, ai Sadoha venne affidata la gestione di Ur. I Pionieri ripresero quindi la loro navigazione verso il Picco di Buio.
Grazie alle luci dei Sadoha, la scesa della flotta fu molto agevole. Anche se le luci di Ur addivenivano sempre più fievoli, man mano che i Pionieri digradavano, la loro presenza elargiva un senso di ingente pace e protezione. Volgendo lo sguardo verso l’alto, i Pionieri si sentivano pervadere dalle frequenze estatiche degli inni dei Sadoha e ricevevano l’energia per affrontare gli spazi misteriosi che si aprivano sotto di loro.
Dopo una lunga navigazione, i Pionieri raggiunsero un’area di indicibile oscurità. Il buio era talmente serrato che i fari delle astronavi non riuscivano più a illuminare il percorso. Le astronavi non potevano nemmeno adocchiarsi tra di loro. Inizialmente i Pionieri credettero di essere approdati al Picco di Buio e decisero di fermarsi per attivare le fasi di scambio previste dal Gioco. Tuttavia, dopo un attento esame, si resero conto che si trattava invece del punto a metà strada tra il Picco di Luce e il Picco di Buio. Secondo le informazioni ricevute durante l’addestramento, in quel luogo sarebbe successo qualcosa di madornale rilevanza.
A parte le minuscole luci di Ur, che a stento si riuscivano a scorgere, l’oscurità era totale e i Pionieri non sapevano cosa fare. Allora si misero in contatto con la base di Uri per avere un’esortazione a riguardo. I Sadoha suggerirono di creare delle basi attorno alla zona, onde illuminarla adeguatamente. A questo fine i Pionieri decisero di spostarsi orizzontalmente in 4 direzioni e di organizzare la loro flotta in 4 elementi composti da 3 astronavi. Ogni elemento, dopo aver raggiunto l’estremità di una direzione, vi costruì una base e depositò altri Semi del Sacro Cono. Le 4 basi avevano caratteristiche assai diverse tra di loro ed esprimevano le qualità specifiche degli elementi che le avevano costruite. A esse venne dato il nome di Ruha, Ratah, Rogah, Riallah. Dai Semi depositati nelle basi nacquero in seguito dei Sadoha con corpi di luce di 4 colori (rosso, verde, blu, giallo).
Al termine dei lavori di costruzione, i 4 elementi si adunarono nuovamente nel punto da cui erano dipartiti, rallegrandosi per la loro ritrovata unità. Da quel punto, che fu denominato Pahai o Centro del Sacro Cono, essi tripudiarono nello scorgere l’oscurità illuminata, oltre che dalle tenui luci bianche di Ur, da quelle appariscenti dei colori delle 4 basi direzionali. I Pionieri erano giulivi per aver edificato l’ossatura di un maestoso cono con l’apice in Ur, il cerchio o asse orizzontale di appoggio indicato dalle 4 basi direzionali, e il centro in Pahai. Ognuno dei 4 elementi della flotta ardiva dimostrare agli altri le basi che aveva costruito e gli esseri di luce che le popolavano. I Pionieri decisero quindi di compiere una navigazione circolare attorno all’asse orizzontale per visitare le 4 basi direzionali.
Il viaggio fu esaltante e pieno di canti e danze estatiche. Al termine del giro, i Pionieri ritornarono nell’area centrale di Pahai per caricarsi con la luce verticale di Ur e quella orizzontale delle 4 basi direzionali. Durante questa posa, i Pionieri iniziarono ad assistere a una serie di episodi alquanto strambi. Secondo le istruzioni originarie, queste circostanze facevano ovviamente parte del Gioco. I Pionieri sapevano bene che sarebbero successe cose molto strambe una volta sopravanzata l’Ultima Frontiera. Queste cose, tuttavia, ebbero effetti notevoli sui Pionieri, tanto che essi principiarono ad avere dei vuoti di memoria. Fu a quel punto che essi esordirono con l’usanza di una nuova forma di comunicazione che, in luogo delle abituali modalità linguistiche, consisteva nell’impiegare le tute spaziali come veicolo di espressione. Un tipo di comunicazione che prese sempre più piede consisteva nel formulare punti di vista, opinioni, idee, concezioni, pensieri. In seguito, e ciò non era mai successo fino ad allora, i Pionieri si misero a esprimere credenze e giudizi. Intanto, l’impiego dei canti e delle danze, a eccezione di quelli usati per tradurre opinioni e concezioni, diminuiva consistentemente. I Pionieri cominciarono gradualmente a comprendere l’accezione di quel vocabolo di cui tanto avevano sentito parlare: separazione. All’interno della flotta, infatti, si era venuto via via a creare un certo alterco tra una parte che sosteneva che abbisognava portare la luce verso il Picco di Buio e un’altra che insisteva invece sull’idea di trarre il Picco di Buio verso la luce. La disparità di vedute diventò così tersa che le due parti decisero di separarsi e di giocare per conto proprio. Ognuna delle due parti, composta di 6 dei 12 cerchi del sistema di Handor, diede vita a due flotte di 6 astronavi, per un totale di 72 Pionieri. La divisione in due parti rese necessaria una sostanziale modificazione nell’organico, nelle strumentazioni e, in particolare, nelle tute spaziali dei Pionieri.
La separazione avvenne dapprima in modo celioso e beffardo. Per molti appariva come un diversivo eccitante inteso a stimolare l’andamento del Gioco. In seguito, le parti si sarebbero riunite così come era stabilito negli accordi di base. Tuttavia, col passare del tempo, diventava sempre più malagevole capire se le due parti avevano veramente intenzione di rispettare gli accordi. Le disparità si inasprirono e portarono a impiegare modalità di gioco piuttosto insolite e ponderose. Il segnale più significativo di questa attitudine avvenne quando ciascuna polarità decise di creare due basi di direzioni secondarie nei punti medi tra una direzione e l’altra. Conseguentemente sorsero le basi di Ahur, Hatar, Hagor, Hallair. In questi siti furono depositati dei Semi del Sacro Cono, da cui nacquero 12 esseri di luce e buio chiamati Hare Paheka. I loro corpi, a distinzione di quelli dei Sadoha che producevano solo luce, esalavano sia luce che buio.
L’apparizione dei Paheka fu fonte di ingente soddisfazione per i Pionieri di ciascuna polarità. Il buio era una sostanza molto rara per gli Handoriani e, in seguito al successo del Gioco del Sacro Cono, il suo valore era divenuto ormai inestimabile. I 12 Paheka erano in grado di produrre buio in quantità pressoché illimitate. Ciò li rendeva pregiati per i Pionieri quanto le miniere d’oro o di diamanti per gli esseri umani. Ciascun Paheka cagionava dosi diverse di buio e luce. Tale situazione determinò via via un acceso conflitto tra i Pionieri, tanto che anche all’interno di ciascuna polarità si crearono delle divergenze che portarono infine ad altre separazioni. La flotta originaria si divise in 12 Settori rappresentativi delle 12 astronavi dei 12 astri di Handor e dei 12 Paheka. Ogni Settore creò una base attorno alla circonferenza del grande cono e iniziò a sfruttare i potenziali di un suo proprio Paheka. Dopo innumerevoli navigazioni e certami, i 12 Settori si divisero ulteriormente tanto che alla fine ciascuno dei 144 Pionieri decise di proseguire per conto proprio.
Quest’ultima scissione causò gravi problemi in quanto il Gioco, per essere svolto efficacemente, richiedeva un organico minimo di 12 unità. I Pionieri furono forzati così a trovare una soluzione per garantire la continuazione del Gioco. A questo scopo decisero di impiegare i Paheka. Ognuno dei 144 Pionieri creò una sua propria base e diede vita a ulteriori Paheka. Ogni Pioniere si mise quindi alla guida di un cerchio composto da 12 Paheka. Grazie a questi cerchi, il Gioco ottenne un grande impulso creativo. I Paheka, tuttavia, non erano esseri di luce, ma esseri di luce e buio. Poiché erano nati dopo il processo di separazione dei Pionieri, esperivano ingenti disagi a operare in cerchio. Essi erano più inclini a lavorare in coppia e si trovavano principalmente a loro agio in situazioni di accese relazioni di unità o conflitto binario. Per sindacare il Gioco, ogni Pioniere dovette apportare modifiche consistenti nella sua tuta spaziale e impiegare gran parte delle sue energie in sfibranti rapporti o accorgimenti strategici con ciascuno dei 12 Paheka. Fin tanto che il Pioniere aveva il controllo di questo complesso sistema di unità e conflitti, il Gioco funzionava adeguatamente. In caso contrario si venivano a creare seri inconvenienti. Il principale di questi ebbe luogo quando i Paheka si avvidero che potevano accoppiarsi con un’enigmatica varietà di Paheka giunti da località allora ignote. Questi ultimi, identificati con il termine Mare Paheka, stabilirono allacciamenti veicolari con i Paheka di Handor (Hare Paheka). Tale relazione generò un seme autonomo da cui nacquero diverse forme di vita, definite Graha, che i Paheka cominciarono a impiegare per portare avanti una loro variante del Gioco. I Pionieri vennero a poco a poco abbandonati dai loro Paheka e, poiché non disponevano più di un loro cerchio, furono impossibilitati a proseguire efficacemente il Gioco. Intanto i Paheka di entrambe le varietà rafforzavano le loro basi e il controllo dello spazio operativo.
Nel giro di poche epoche l’area del cerchio orizzontale passò quasi interamente sotto il dominio dei Paheka e il vassallaggio dei Graha. I Pionieri deliberarono allora di calare nelle terre dei Paheka per provare a formare delle alleanze con i Graha. Essi iniziarono a rapportarsi con alcuni di essi e in particolare con un gruppo chiamato Zruddha Graha. Questi ultimi furono tratti dalla luminosità dei Pionieri e, pur non comprendendone affatto i motivi, si misero al loro servizio. I Pionieri riuscirono ad addestrare e utilizzare gli Zruddha e ripresero così un certo controllo del Gioco. La cosa, tuttavia, non durò a lungo poiché gli Zruddha avevano una natura assai caduca e instabile. Le loro strutture, inoltre, dopo un breve periodo di tempo o in seguito a episodi particolari, si deterioravano e diventavano inservibili. Di conseguenza, i Pionieri erano costretti a cercare in continuazione altri Zruddha per i loro cerchi e a impiegare dosi notevoli di energia per addestrarli. I Paheka, dal canto loro, una volta resisi conto dei legami di alleanza tra Pionieri e Zruddha, inasprirono le condizioni di vita di questi ultimi. Ciò ridusse ancora di più la loro durata. Invano i Pionieri cercarono di intervenire impiegando varie strategie operative, ma nessuna di esse ebbe successo. Alla fine Pionieri e Paheka giunsero a un accordo di tregua in virtù del quale i primi accettarono di restare confinati in esilio nelle loro basi. I Paheka, in cambio, si impegnavano a propinare ai Pionieri tutto il buio di cui abbisognavano. I Pionieri, eccitati per i grandi quantitativi di buio di cui potevano disporre, si ritirarono nelle loro basi e iniziarono a giocare per conto proprio. Questa condizione di scambio ridusse i quantitativi di buio dei Paheka e rese questi ultimi più luminosi e attraenti agli occhi degli Zruddha e degli altri Graha dell’area orizzontale. Tuttavia, la luce dei Paheka, essendo priva di una reale connessione con il Picco di Luce, cominciò a creare danni sempre più gravi.
Sin dall’inizio della spedizione, le vicende dei Pionieri vennero seguite nel sistema stellare di Handor. Nelle arene erano stati allestiti grandi schermi ove venivano proiettate le loro imprese. Gli Handoriani erano strabiliati per tutto quello che succedeva. Quando seppero della situazione di blocco in cui si trovavano i Pionieri, allora proprio non ne poterono più e si rivolsero al Picco di Luce per avere opportune delucidazioni. Questi accettò di rivelare una madornale e recondita verità: “Tutta questa separazione a cui avete assistito non è per me affatto novella. V’è un Gioco assai più consistente di cui non potevo a voi parlare. Non mi era possibile perché non avreste inteso. Ora che avete seguito le vicende dei Pionieri, finalmente siete in grado di comprendere. Quindi posso finalmente affrancare il mio segreto. Statemi bene a sentire. Laggiù, oltre il Picco di Buio, la mia benamata sorella dimora, insieme alla sua stirpe e ai miei adorati fratelli. In un tempo assai remoto principiammo un Gioco, la prima edizione per eccellenza del Gioco del Sacro Cono. Similmente finimmo col separarci l’uno dall’altro. Ora il richiamo della nostra antica unione è possente. Da mia sorella Rodnah, il Picco di Buio, è partito un Cerchio di Pionieri. Nel punto a metà strada di Pahai i due Cerchi sono destinati a incontrarsi. Ciò non è ancora accaduto perché i Pionieri di Rodnah similmente a quelli di Handor si sono comportati. Essi dapprima hanno creato una base chiamata Ru. In quel sito hanno generato le controparti di buio puro dei Sadoha (Ma Sadoha). In seguito si sono separati tra di loro e hanno iniziato a produrre le controparti grigie con matrice di buio dei Paheka (Mare Paheka). La separazione a cui avete assistito si verificò già ai miei tempi. Anch’io facevo parte di un gruppo originario di 144 Pionieri…”.
Dopo questa dichiarazione sconcertante e senza precedenti, il Picco decise di inviare una tredicesima astronave direttamente dall’astro centrale di Handor. La tredicesima astronave, composta da 12 Pionieri, si installò dapprima a Ur e poi, con l’aiuto dei Sadoha, calò lungo l’asse verticale, giungendo direttamente nel punto centrale di Pahai. Attorno a questo luogo si estendevano le numerose basi che, nel corso di miriadi di epoche, erano state costruite dai Pionieri, dai Paheka e dai Graha. La tredicesima astronave sostò nel punto centrale di Pahai in attesa di stabilire il contatto con la tredicesima astronave dei Pionieri provenienti da Rodnah. Dopo un esteso fluire di tempo, l’incontro finalmente ebbe luogo. […]
Le modalità di questo eccezionale evento sono per il momento inenarrabili. Al termine, le due parti sistemarono le loro astronavi in parallelo, una sopra l’altra, formando così la prima intelaiatura della base denominata Pahai. Da quel punto i tredicesimi Pionieri di Handor furono invitati a scendere lungo l’asse verticale per raggiungere Ru, la base verticale di Rodnah. Contemporaneamente quelli di Rodnah ascesero verso Ur, la base verticale di Handor. Dopo aver depositato i 144 sigilli dei Pionieri originari di ciascuna delle due parti, i tredicesimi Pionieri ritornarono tutti a Pahai. […]
Le modalità della deposizione dei sigilli non è possibile chiarire nemmeno attraverso una metafora. […]
In seguito, i 12 Pionieri di ciascuna parte si misero alla ricerca delle flotte dei Pionieri originari. A questo scopo principiarono a costruire la base di Pahai e a rivestirne i vari livelli dell’intelaiatura per mezzo di entità di giuntura denominate Bhi Jinah. […]
La costruzione di Pahai e il concomitante recupero dei Pionieri originari è ora in corso di svolgimento. Ognuno dei componenti delle tredicesime astronavi ha il compito di ritrovare e guidare nella base di Pahai i 12 Pionieri di ciascuna delle 12 astronavi originarie. Una volta recuperato completamente l’equipaggio e le astronavi delle flotte dei primi Pionieri, quella di Handor ha a proseguire il viaggio per Ru, espandendo in quella direzione la struttura di Pahai. Similmente le flotte di Rodnah hanno a procedere verso Ur. Le flotte di Handor e Rodnah sono intese ad espandere Pahai nell’ambito dell’intera collocazione spazio-temporale della Sfera Grigia. Tale opera si manifesta tramite la germinazione dei Bhi Jinah. […]
Per impedire la possibilità di questa evenienza i Paheka con matrice di luce (Hare Paheka) si accoppiarono con quelli di buio (Mare Paheka) e diedero vita a una grande rete di blocco nell’asse orizzontale finalizzata a impedire l’operatività dei Pionieri. Tale rete, denominata Paheka Rubhe, consiste nelle 144 combinazioni binarie o rapporti di coppia tra Hare Paheka e Mare Paheka. Questi rapporti diedero origine a 144 esseri chiamati Graha che col tempo si moltiplicarono e generarono tutte le varietà di Graha sussistenti nella Sfera Grigia. La presenza di questa rete determinò una situazione di blocco e di stagnazione nell’intera area di Pahai.
I Pionieri originari hanno da completare il Gioco come previsto. Per fare ciò hanno a liberare i Graha, la rete dei Paheka, e i Paheka stessi. Questo è possibile solo se riescono a ritrovare la loro unità originaria. Questo è possibile solo se riescono ad arrivare insieme a Rodnah passando da Ru, e viceversa. Questo è possibile perché in effetti non esistono proprio altre reali possibilità. […]