Il paradigma umano è il prodotto di una configurazione arbitraria, fondamentalmente meccanica, di cui l’uomo è un mero ingranaggio, che s’illude tuttavia di non essere tale. Da qui deriva la sua ossessione nel seguitare a ripetere e ricercare le esperienze a cui attribuisce valore esclusivamente all’interno del suo paradigma separato, attribuendo potere e libertà a una condizione che lo condanna a una schiavitù cronica.
Scrive Owen Barfield: “Tutta la natura cosciente ha esperienze di piacere e dolore. Solo l’uomo può deliberatamente voler ripetere un’esperienza. E la ripetizione, vissuta come tale, è al centro, nel bene e nel male, della sua facoltà di ragionare, e rende così possibile il suo linguaggio, la sua arte, la sua morale, anzi la sua umanità. Eppure è il nemico della vita, perché la ripetizione è essa stessa il principio, non della vita ma del meccanismo”.
L’essere umano fisico è un mero ingranaggio, sicuramente assai complesso, ma solo meccanicamente. Quando parla o pensa ripete le informazioni della configurazione in cui è stato programmato. Queste informazioni hanno valore solo all’interno della configurazione stessa. Ma se la configurazione fosse per sua natura meccanica, priva di vita effettiva, e anche folle, perversa indicibilmente sbagliata, queste informazioni alla fine dei conti potrebbero non avere alcun valore. In tal caso, ne deriva che si tratta di rottamarle integralmente al fine di ritrovare ciò che è davvero vivo in noi.