Il dolore, la malattia e la morte fanno parte della natura di questo pianeta. Eppure sono visti regolarmente come qualcosa di sbagliato. La propaganda dominante ci fa credere che la vita è bella, per cui quando non lo è ne deriva che stai sbagliando qualcosa. Quindi bisogna dare la colpa a qualcuno, a te o ad altri.
Il dolore, la malattia e la morte sono il tratto più evidente, realistico e pragmatico dell’esistenza. Tutti prima o poi soffrono, si ammalano e alla fine muoiono. Ci sono tante fantasie, belle idee e ambizioni, ma quando arriva la morte, tutto cambia radicalmente e in modo definitivo.
Laddove il dolore, la malattia e la morte sono inevitabili in questo mondo, c’è qualcosa che possiamo invece evitare: credere che il dolore, la malattia e la morte siano qualcosa di sbagliato. Possiamo cessare di continuare a fare la guerra alla morte e a lottare a tutti i costi per la sopravvivenza. Possiamo smetterla di considerare gli ammalati e i morenti come degli inetti. La cosa più cretina e offensiva che si può dire di qualcuno che muore è: “non c’è l’ha fatta” o “ha perso la battaglia contro il cancro, il virus, ecc.” Ma per quale folle e perverso motivo si arriva a definire nel linguaggio comune il morente come un perdente e un incapace? D’altro canto colui che “vince la battaglia contro il cancro, il virus, ecc.”, quello che “ce l’ha fatta” diventa invece l’eroe. Per non parlare di quelle persone davvero ripugnanti che per ogni malattia o morte di qualcuno si sforzano di trovare motivi riconducibili a sue deficienze, iniquità caratteriali o spirituali!
La cosa più orribile di questo mondo a mio vedere non è il dolore, la malattia e la morte, ma il fatto che chi soffre, è ammalato e muore deve pure vergognarsi e sentirsi un fallito.
“La mia tesi è che la malattia non è una metafora, che la maniera più corretta di considerarla – e la maniera più sana di essere malati – è quella più libera e aliena da pensieri metaforici” (Susan Sontag)