Ci sono molte persone che lavorano con lo sciamanesimo. È legittimo fare attenzione quando si tratta di scegliere un operatore a cui rivolgersi.
Il punto è che tradizionalmente l’iniziazione, l’addestramento e il diritto all’esercizio sciamanico provengono direttamente da spiriti o realtà alternative. Ne consegue che nessuna autorità o esperto umanoide è qualificato per giudicare se qualcuno è uno sciamano o meno. Tuttavia, poiché lo sciamanesimo è un’arte di guarigione pragmatica, il valore di coloro che operano in questo campo è riconosciuto da quanti beneficiano dei loro servizi, piuttosto che dall’operatore stesso. In alcune culture tradizionali è considerato arrogante definirsi sciamano. Altri possono riconoscerti come uno sciamano ma tu non puoi farlo, almeno pubblicamente. Inoltre, tu puoi essere uno sciamano per alcune persone e non per altre. Fai attenzione tuttavia, perché queste sono solo convenzioni che si applicano, o applicavano, solo a certe culture. Lo sciamanesimo, di fatto, a differenza, per esempio, della religiosità o della medicina tradizionale rifugge da qualsiasi regolamentazione da parte di istituzioni o autorità terrene.
Nessuna autorità umana può decidere chi è e chi non è uno sciamano in generale. Gli spiriti decidono chi è uno sciamano, ma questo è un processo non ordinario, multidimensionale, che non ha valenza nella realtà pragmatica. In questa realtà puoi essere riconosciuto sciamano in base alla tua capacità di offrire servizi di guarigione. Puoi pure essere riconosciuto come sciamano da alcune persone, ma niente affatto dagli spiriti, almeno puoi non esserne certo a riguardo. Tuttavia, se sia gli spiriti sia alcune persone ti considerano uno sciamano, ciò non significa che tu sia uno sciamano per tutte le persone e gli spiriti. Proprio come alcune persone possono amarti e lodarti, altri potrebbero essere indifferenti a te o vederti anche come una frode.
Ognuno di noi ha bisogno di scoprire i propri criteri per addentrarsi nella pratica sciamanica o per trovare operatori di fiducia in grado di aiutarli in questo sforzo. Qui non ci sono regole generali, ci sono solo molte esperienze diverse. A mio avviso, ogni individuo è responsabile di trovare la propria strada. Con lo sciamanesimo apprendi attraverso l’esperienza diretta e attraverso l’interazione con realtà multidimensionali e il riscontro nella realtà ordinaria.
Personalmente ritengo indispensabile l’adozione di un codice etico che palesa le modalità comportamentali a cui attenersi durante il lavoro, insieme ad accordi precisi e trasparenti tra quanti prendono parte alle attività. Questo è un aspetto che caratterizza il mio approccio poiché ritengo che se non siamo in grado di onorare gli accordi nel nostro rapporto con il mondo visibile, assai raramente riusciremo a farlo con il mondo invisibile. Questo tuttavia non significa affatto avversare quanti usano modalità distinte dalle mie.
Personalmente non nutro simpatia verso coloro che sostengono di essere integri e autentici sulla base del confronto con altri operatori che accusano di essere invece falsi e fraudolenti. Alcuni assumono su di sé funzioni di vigilanza sull’integrità sciamanica, ruoli di tutela di culture indigene che nessuno gli ha mai affidato. Altri operano come forze di polizia e censura sciamanica, con atteggiamenti ancor più settari e intolleranti del fanatismo religioso o politico. Quando sento certi operatori fare commenti offensivi, pregiudiziali e derisori nei confronti di altri, anche se fanno ciò in buona fede, provo molta tristezza.
Lo sciamanesimo è fondamentalmente pragmatico. Ciò che conta alla fine è la capacità di essere di beneficio per gli altri. Un operatore può seguire in modo esemplare l’ortodossia degli insegnamenti autorevoli di certe personalità o scuole sciamaniche, mentre un altro può usare le pratiche più strampalate, fare rituali in un supermercato invece che in una foresta, adottare come alleato lo spirito di un elettrodomestico piuttosto che quello dell’aquila o del lupo. Tuttavia qui non si tratta di dimostrare l’aderenza a norme e protocolli, ma di confrontarsi con l’efficacia del proprio operare. L’unica domanda lecita qui è “Quel che hai fatto ha funzionato?”.